Maestosa: Cascata del Toce

E’ una domenica di sole, di quelle così calde dove normalmente le persone vanno cercando refrigerio in piscina o la mare; il motociclista no!
Il motociclista si veste di tutto punto e va a cercare aria in montagna!
Ecco come abbiamo deciso di andare alla Cascata della Toce; meglio conosciuta come Cascata del Toce.

Siamo in Val Formazza, provincia di Verbania, nella frazione di Frua a quota 1675 m. s.l.m. dove il fiume Toce compie un salto di 143m su una parete rocciosa di 200 m per finire in un rivolo d’acqua a valle.
Nonostante l’uomo nel corso del tempo sia intervenuto e abbia ridotto la sua portata, questa è considerata una delle cascate più spettacolari delle Alpi sia per la bellezza dell’ambiente circostante che per il suo salto energico!

Una volta raggiunta la meta, dopo una serie di tornanti, parcheggiamo le moto nell’ampio piazzale e ci uniamo a tutti gli altri per goderci il panorama.

Lì vicino c’è anche lo storico albergo, eretto nel 1863 e ampliato nel 1923, un albergo che ha avuto la fortuna di vivere il periodo della bell’Epoque del turismo alpino a inizio secolo.
Questa cascata è stata ammirata da personaggi come: Richard Wagner, Gabriele D’Annunzio, la Regina Margherita, De Saussure, Stoppani, Alessandro Volta e molti altri.
Il pensiero comune, riportato sui diari dell’Ottocento, era:

“il forte contrasto tra lo splendore artistico del paese e la sua miseria civile”.

Qui potrai scegliere se fermarti sul prato per un pranzo al sacco come abbiamo fatto noi oppure raggiungere il rifugio più avanti.

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Questo posto non è solo meta per i motociclisti ma può esserlo per la famiglia che vuole godersi una giornata in montagna o per gli amanti del trekking che, come possono immaginare, qui hanno da divertirsi!
Da qui si può prendere il sentiero che affianca la cascata e che rappresenta un tratto dell‘antica via mercantile del Gries che, per secoli, ha collegato Milano a Berna.

Un’antica leggenda Walser racconta che:

“Prima del grande gelo, le montagne toccavano il cielo e lo sorreggevano. Non c’era neve sulle vette ma tanti fiori ed ali di farfalle.
Le cime erano sacre, fatte per gli déi, ma non esistevano confini.
Gli uomini incontravano nei boschi le divinità. I bambini e i folletti ruzzolavano insieme nei cortili. Gli gnomi la sera rubavano le slitte per scivolare sul prato e le mamme chiamavano le fate per cullare i loro piccoli.
Un giorno tutto questo finì e fu colpa di un uomo di nome Ulisse.
Si chiama sempre Ulisse quello che varca i confini…”

Ulisse era questa popolazione Walser giunta da una valle perduta, al di là del confine svizzero.
Walser, dal tedesco Walliser, abitante del Canton Vallese, popolazione proveniente dall’alta valle del Rodano.
In passato approfittarono di un momento climatico che portò al ritiro dei ghiacciai rendendo così facile l’attraversamento dei valichi alpini, così da potersi insediare, tra il XII e XIII sec, nelle valli meridionali del Monte Rosa e della Val Formazza, fino al Canton Ticino.
L’isolamento dalla terra d’origine favorì il nascere della leggenda di una valle perduta detta anche “Valle dei camosci”. Si diffuse anche il mito di una città famosa, sommersa dai ghiacciai: la città di Felik, tuttora ricordata nei toponimi dell’omonimo ghiacciaio e della punta Felik.

Ecco perché nel 1778, sette ragazzi partirono in cordata da Gressoney alla ricerca della famosa valle, in prossimità del Colle del Lys, videro in lontananza una vallata verdeggiante e tornarono certi di aver avvistato la valle perduta. Quello sperone roccioso, da allora, si chiama “Roccia della Scoperta”.
Un giornale parigino parlò di “Nuova età dell’oro”, ma la vallata in lontananza si trattava in realtà della Valle di Zermatt.

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La Toce era anticamente chiamata la Tuxa, quindi teoricamente sarebbe più corretto chiamarla “Cascate della Toce”.
La sua origine sarebbe: Athisone, Athosone, Athos, La Tos fino ad arrivare a la Toce.
Il fiume nasce a circa 1800 metri in alta Valle Formazza, dall’unione dei torrenti Morasco, Gries e Roni. Poco più a valle forma la cascata della Toce e dopo aver attraversato la valle Formazza e la Valle Antigorio, arriva in pianura.
Nella piana dell’Ossola, dopo aver ricevuto le acque dello Strona, termina il suo corso nel Lago Maggiore a Fondotoce, frazione di Verbania, sfociando nel golfo Borromeo.
Arriviamo quindi al lago artificiale della Diga Morasco.

Le acque di questo lago artificiale vengono utilizzate per il funzionamento delle centrali idroelettriche di Ponte, Fondovalle, Cadarese, Crego e Crevola Toce.
Questo ha portato ad un controllo del rilascio dell’acqua rendendo la cascata aperta al massimo della sua portata solo in determinati periodi.
Per quanto riguarda il 2019 si va da giugno a settembre compresi, da lunedì al sabato dalle 11.30 alle 13.30 e la domenica dalle 10.00 alle 16.00.
La diga di Morasco a 1815 m s.l.m. è stata creata negli anni ‘30 dalla società Edison per generare elettricità, lunga 525m ed è alta 55m con una capacità massima di 17.320.000 m3 di acqua.
Purtroppo come molte dighe alle spalle ha una triste storia legata ad un paese sommerso.
All’inizio del ‘900 le valli dell’Ossola conobbero un grande sviluppo industriale, in particolar modo quello idroelettrico.
Questo attirò l’attenzione di molti, con conseguenti miglioramenti dell’area e della vita degli abitanti della zona, portando però a grandi modifiche sul territorio.
Chi subì le conseguenze più gravi fu proprio il villaggio di Morasco che negli anni precedenti la costruzione vivevano stabilmente in questa zona, per la precisione una ventina di famiglie, mentre durante il periodo estivo, con il muoversi dei pascoli, subiva un incremento.
Ma nel 1940 fu ultimata la diga, ed il paese di Morasco venne definitivamente sommerso dall’ acqua.
Oggi a ricordo del paese, e degli operai morti durante la costruzione della diga, rimane la chiesetta posta sopra uno sperone di roccia nei pressi dell’abitato di Riale, poco a valle rispetto al muraglione della diga.

“Prima che questo villaggio venisse sommerso dalle acque, vi era un ponticello di legno che permetteva il passaggio da un lato all’altro del fiume. Il ponte di legno a due travi era considerato talmente pericoloso che neppure le vipere si arrischiavano nel passaggio. La leggenda racconta che le vipere si nascondevano nelle gerle insieme al fieno e quando sentivano il rumore delle acque del torrente, scappavano dai cesti dei contadini. Fatti terribili sono accaduti su quel ponte.”

Nel 2003 qui fu posto l’arrivo della 19ª tappa del Giro d’Italia, dove Marco Pantani compì il suo ultimo attacco in montagna.

Spero che tutto questo sia stato di tuo interesse!
A presto,
Deb!

thewandererdeb@gmail.com 

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6 commenti

  1. Sono Piemontese eppure non conoscevo questa cascata! Mi sembra un luogo molto bello, noi siamo appassionati di trekking e montagna e sicuramente lì troveremmo pane per i nostri denti!

  2. Io non sono esperta di trekking ma questa cascata è davvero spettacolare. La storia che c’è dietro e le vostre foto mi hanno davvero catturata. La natura che ci circonda è incredibile e dovremmo apprezzarla di più!

  3. che bella proposta! me la segno subito proprio da fare in moto. Bellissima la cascata della Toce, proprio spettacolare e mi è piaciuta molto anche la leggenda di Ulisse… colui che varca i confini

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